Quando qualcosa non funziona

È sempre nel sentire delle maestre l’innesco e questo tutte le volte mi sorprende perché mi fa capire quanto sia necessario che gli adulti educatori stiano a scuola con un atteggiamento profondo e sano di auto valutazione. Se vogliamo collocare il Montessori nel novero delle pedagogie sperimentali, la valutazione del proprio lavoro è qualcosa di imprescindibile e senza cui non c’è processo educativo che tenga nel tempo. È l’osservazione dei bambini accompagnata da questo atteggiamento di ricerca e sperimentazione continuo che porta l’adulto a chiedersi cosa non funzioni come atteso[1]. Seconda skill di un insegnante montessoriano: cercare nella propria azione pedagogica la magagna. Infatti, nella visione montessoriana della scuola, i bambini non sono una variabile ma il nostro dato di fatto: espressione di questo mondo, portano a scuola quello che sono, a metà tra la loro dotazione personale (temperamenti, caratteri, inclinazioni) e dell’ambiente in cui vivono a casa ma anche fuori casa. E allora, quando qualcosa ci sembra non funzionare, possiamo intervenire solo due variabili del processo educativo: la maestra e l’ambiente.

Sappiamo che non possiamo accogliere il bambino lasciandolo libero di mostrarsi senza un ambiente adatto che lo accompagni come un maestro riservato e silenzioso. Propongo quindi alle maestre di partire dall’ambiente e sull’ambiente iniziamo a mettere le mani. E allora cominceremo la nostra osservazione prolungata del bambino per capire se siamo andate nella direzione giusta oppure no.

Negli anni, ho messo a punto due riferimenti per dare inizio a questo lavoro. Il primo lo trovo in “The four plan of education”, un pamphlet tanto breve quanto incisivo che da voce a due conferenze tenute da Montessori nel 1938/1939 in Inghilterra. Nel secondo piano di sviluppo il bambino ci viene presentato così: ancora bisognoso di movimento, alla ricerca della socialità, sfidante e a volte addirittura impertinente, proiettato verso il mondo, dotato di immaginazione, ragionamento e creatività, appassionato lavoratore e interessato nella ricerca morale. Insomma, pura energia in movimento, grande forza e determinazione. Montessori stessa ribadisce di come sia importante per noi adulti che accompagnano avere in mente il “dato medio”, la striscia di sviluppo, il ritmo della vita anche quando il bambino reale è lontano dal sembrarci così[2].

Il mio secondo riferimento è Bruno Munari quando dice che “tutti sono capaci a complicare, pochi sono capaci a semplificare. Per semplificare bisogna togliere. E per togliere bisogna sapere cosa togliere”. Credo che questa direzione sia di grande aiuto quando decidiamo di ridefinire un ambiente educativo.

Allora anche noi adulti iniziamo ad immaginare come potrebbe essere l’ambiente che abitano i bambini[3]. E se togliessimo un po’ di banchi? E se spostassimo qualche scaffale per dare un po’ più di movimento? E se liberassimo nel pavimento uno spazio tutto da inventare per i bambini e le loro maestre?

Così iniziamo a tirare fuori dalla stanza un po’ di banchi per recuperare spazio per muoversi e per rendere più visibili i materiali sugli scaffali. E man mano che togliamo, lo spazio inizia a prendere aria. Ci sono delle vetrate meravigliose che allargano ancora di più l’orizzonte dentro. Io respiro. Anche i banchi hanno bisogno di un certo ordine per accompagnare i bambini nel loro fare: mettiamo qualche banco da solo, qualcuno a coppia e altri a formare un’isola più grande. E speriamo che questa scelta sia sufficiente a comunicare al bambino che può scegliere di lavorare da solo[4], con un suo compagno o all’interno di un gruppetto più ampio magari per lavori che richiedono tanto spazio. 

Abbiamo imparato che le aree di interesse devono essere ben individuate e chiaramente identificabili per offrire uno spazio che contiene in modo da rendere più facile polarizzare l’attenzione, avviare e restare nel lavoro nonostante il movimento dei compagni che ci sta intorno. Quindi spostiamo anche gli scaffali dalle pareti nel tentativo di individuare meglio gli angoli di interesse di un’aula dei primi tre anni di scuola primaria: astronomia, fisica, chimica, geologia, geografia della terra, geografia astronomica, zoologia, botanica, storia, linguaggio, aritmetica e geometria.

Come in molte scuole italiane, ci sono i corridoi spesso ampi e poco utilizzati. Spostiamo gli arredi dalle pareti e moduliamo due piccole zone in cui disporre due banchi a coppia. Ricaviamo così altri spazi in cui i bambini potranno sperimentarsi ancora più in autonomia, lontani dallo sguardo della maestra. Questa scelta ci permette anche di alleggerire il lavoro in aula.

C’è una biblioteca della scuola: i bambini ne sono affascinati. Quindi ci ricordiamo che è utile valorizzare non solo gli spazi dell’aula ma anche quelli della scuola e tenerne conto nel tempo lavoro quotidiano dei bambini. Le maestre lo sanno e i bambini chiedono spesso di andare in biblioteca per cercare. Ho accompagnato sei bambine in biblioteca l’altra mattina. Sembravano muoversi verso un tesoro preziosissimo: allontanarsi dall’aula, percorrere il corridoio, chiedere le chiavi al collaboratore, salire le scale, entrare in quel posto magico[5], tornare in classe cariche di un tesoro che sarebbe stato l’inizio di un lavoro intellettuale in cui avrebbero trovato piacere e soddisfazione estrema. Il movente erano le aurore boreali: quando respiro questa voglia di sapere e avverto che esiste una scuola che non solo la accoglie ma la facilita un po’ in fondo mi commuovo…

Per oggi abbiamo già fatto abbastanza. Diamo uno sguardo veloce ai materiali che sono in ambiente, sapendo che ci dovremo tornare con più attenzione perché ambiente non è solo arredi, ma anche materiali che fino alla classe terza generalmente svolgono ancora un ruolo di ancoraggio importante per il lavoro e lo studio dei bambini. Ci torneremo sicuramente, lo sappiamo. Ma propongo sempre di andare con calma: facciamo quello che possiamo fare che non è minimamente tutto quello che dobbiamo fare ma, ripeto loro, per oggi basta. Sappiamo che le aree di interesse e i materiali ci aspettano, ma come aspettano sempre ogni maestra Montessori che svolge il suo lavoro ben radicata in questo modello. Nel frattempo, consiglio di riprendere le favole cosmiche per ritrovare entusiasmo, risollecitare l’immaginazione, riscoprire quelle pieghe del sapere dentro cui non si era guardato ancora bene bene.

Una scuola così è davvero una scuola sperimentale che prova, giorno dopo giorno, ad ascoltare il bisogno, che ha il coraggio di riconoscere quando qualcosa non funziona per rimettersi in gioco, per tornare a sintonizzarsi sul vero protagonista che potremmo aver perso un attimo di vista o che, magari, nel frattempo è semplicemente cambiato. Perché il bambino cambia, cresce, si evolve e chiama la scuola a cambiare con lui ma soprattutto ad evolversi.


[1] Montessori dice della maestra “Ella è preparata soltanto a tentare esperimenti”

[2]

[3] In diversi incontri di trainer 6-12 AMI ho sentito parlare di una frasetta che sembra un insignificante esercizio di fantasia “What if?”. Tradotto: “E se?”. Spiegato velocemente è un inno diretto, senza troppi giri di parole, all’immaginazione. Proprio come piace ai bambini del secondo piano di sviluppo: essenziale, quel tanto di provocazione che basta ad attivare, quell’invito che gioca in casa a quell’età e su cui possiamo costruire lezioni, proposte di ricerca anche per i bambini.

[4] Quando reso possibile in un contesto in cui l’apprendimento si può coniugare con l’esperienza sociale, il lavoro da soli mantiene comunque un suo forte potere educativo: può essere scelto come consigliato da una maestra attenta che lo propone ad un bambino quando sente che potrebbe aver bisogno di un momento di raccoglimento in sé, di quiete, di riflessione in relazione esclusiva con un materiale o con il suo lavoro.

[5] La biblioteca di scuola è un bene così prezioso! Richiede impegno nell’attivarla, nel curarla ma il potenziale che attiva nei bambini è straordinario a questa età. Il libro è un compagno di viaggio per i bambini: tanti genitori lo propongono in famiglia e accompagnano i bambini in biblioteca. Ma tanti genitori non riescono a farlo: allora la scuola può riscoprire la sua vocazione in direzione di una certa democrazia educativa che equamente da a tutti quello di cui hanno bisogno.

Potrebbe piacerti...